“SPETTRO DEI DISTURBI FETO-ALCOLICI”
Articolo tratto da Tesi di Laurea, Infermiera Agnese Tanganelli
Negli ultimi anni le statistiche hanno evidenziato un aumento degli adolescenti, ragazze comprese, che accedono in Pronto Soccorso a causa dell’abuso di alcol. Si tratta di un comportamento a rischio per la salute di chi lo mette in atto, ma può essere maggiormente dannoso nel caso di una possibile gravidanza. L’alcol etilico infatti è il principale componente psicoattivo nelle bevande alcoliche, può causare dipendenza e possiede proprietà tossiche, rientra perciò tra le sostante cancerogene classificate dall’International Agency for Research on Cancer.
L’etanolo ha la capacità di attraversare la placenta, raggiungendo nel liquido amniotico concentrazioni lievemente inferiori rispetto a quelle sanguigne materne dopo l’assunzione. Il feto in quanto organismo immaturo non sintetizza gli enzimi deputati al metabolismo, l’assenza di questi enzimi non permette al feto di metabolizzare ed eliminare l’etanolo che permane quindi in circolo per un periodo prolungato, causando effetti dannosi a livello del sistema nervoso centrale e nei tessuti in via di formazione, provocando di conseguenza interferenze nello sviluppo fisico e cognitivo indipendentemente dall’età gestazionale del feto. Il termine Fetal Alcohol Spectrum Disorders (Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici, FASD) è un termine ombrello con cui si racchiudono gli effetti permanenti dal punto di vista fisico, cognitivo, comportamentale e psicosociale conseguenti all’esposizione prenatale all’alcol (EPA).
I quadri clinici compresi nello Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici sono:
• Sindrome Feto-Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS): la più comune causa di ritardo cognitivo acquisito e prevenibile attraverso la totale astensione dal consumo di bevande alcoliche da parte della gestante. La diagnosi di FAS rispecchia il quadro clinico più grave che si può verificare come conseguenza dell’EPA;
• FAS parziale (Partial FAS, PFAS);
• Disturbi dello sviluppo neurologico associati all’alcol (Alcohol Related Neurodevelopmental Disorders, ARND), la maggior parte delle diagnosi di FASD;
• Difetti congeniti neonatali associati all’alcol (Alcohol Related Birth Defects, ARBD)
Le patologie dello Spettro sono la prima causa di ritardo cognitivo, non di origine genetica, nel mondo occidentale. Il ritardo cognitivo è la manifestazione clinica maggiore in queste patologie ma non è l’unica, le complicanze che si possono verificare infatti possono riguardare:
1. Alterazioni cranio-facciali;
2. Deficit del neurosviluppo e comportamentali;
3. Ritardo della crescita
L’alterazione cranio-facciale più frequente è la microcefalia, mentre con minor frequenza se ne possono verificare altre come epicanto, radice nasale piatta, narici antiverse, ipoplasia degli zigomi, posizione anomala delle orecchie con padiglioni scarsamente modellati e micrognazia. Non sempre è possibile però raggiungere una diagnosi con la singola osservazione del fenotipo, perché non ne esiste uno specifico che sia direttamente riconducibile ad una di queste patologie.
Una condizione di microcefalia associata ad un ritardo della crescita rispetto all’età gestazionale (Small Gestational Age, SGA) potrebbe portare un professionista sanitario a sospettare di essere di fronte ad un neonato affetto da FASD.
Una diagnosi precoce è necessaria per fare in modo che i meccanismi patologici non diventino strutturati nel soggetto affetto ma non solo, permettono infatti alla famiglia ed ai conoscenti di comprendere le difficoltà che possono essere presenti nei soggetti affetti e di identificare i percorsi migliori da affrontare per aiutarli a raggiungere il loro massimo potenziale.
Le disabilità che conseguono dall’esposizione prenatale all’alcol vengono divise secondo Streissguth in disabilità primarie e secondarie.
Le disabilità primarie sono conseguenza diretta dell’esposizione all’alcol e sono permanenti, tra queste sono compresi sia danni morfologici che neuropsicologici. I danni di tipo neuropsicologico vengono riconosciuti anche attraverso lo studio delle neuroimmagini. Le manifestazioni che fanno parte delle disabilità primarie sono spesso conseguenza del danno cerebrale e si possono manifestare con diversi tipi di gravità.
Le disabilità secondarie hanno, rispetto a quelle definite come primarie, un’insorgenza tardiva e sono la conseguenza dei danni organici cerebrali e di possibili complicazioni dovute ad una diagnosi mancata e/o errata. Le disabilità secondarie, al contrario delle primarie, possono non verificarsi proprio e nel caso in cui invece si manifestassero, possono essere messi in atto degli interventi precoci per fare in modo di limitarne la gravità o addirittura eliminarle. Rientrano in questa categoria ad esempio la mancanza di autonomia, problemi in ambito lavorativo e con la legge, esperienza scolastica fallimentare. Nell’adolescenza l’individuazione di queste manifestazioni può favorire il raggiungimento di una diagnosi.
Le difficoltà nel raggiungere una diagnosi sono molteplici e la prima tra tutte è la scarsa conoscenza dello Spettro sia nella comunità che tra i professionisti sanitari. Trattandosi comunque di patologie causate da un comportamento a rischio, ovvero il consumo di alcolici durante la gestazione, l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di svolgere e promuovere attività di educazione sanitaria, diffondendo le informazioni, basate su evidenze scientifiche, ai fini di sensibilizzare la comunità intera con un’attenzione maggiore nei confronti delle popolazioni più giovani, che spesso mettono in atto comportamenti rischiosi come l’abuso di alcol.
Coinvolgendo le popolazioni più giovani, a partire dai frequentanti delle scuole, sarebbe possibile indurre in loro un cambiamento radicale a livello comportamentale, includendo ovviamente anche i comportamenti a rischio come il consumo e l’abuso di alcol. L’obiettivo di questi incontri sarebbe quello di far abbandonare tutte le abitudini dannose per l’organismo e per fornire il maggior numero di informazioni in merito alle conseguenze del consumo di alcol in età adolescenziale e/o fertile. Dovremmo iniziare la sensibilizzazione sull’argomento a partire dagli studenti ed assicurarsi che se ne parli anche nei corsi pre-parto, cercare di individuare le conoscenze di base delle coppie che hanno il desiderio di diventare genitori ed educarli in base a queste, insegnando tutti i comportamenti che costituiscono un rischio per il loro futuro bambino.
La modalità che viene usata con maggior frequenza per avere informazioni in merito alle abitudini alimentari e non, da parte della futura madre è avere una dichiarazione spontanea, la denuncia da parte di membri della famiglia/conoscenti o un’attenta anamnesi gravidica. Uno degli ostacoli per le diagnosi di FASD è dovuto allo stigma che esiste nei confronti delle gestanti bevitrici ed in generale nei confronti di chi ha problemi di dipendenza, per questo molte donne in età fertile o gestanti già in attesa non dichiarano sempre il vero, per diagnosticare alcuni di questi quadri clinici (ARND e ARBD) però è necessaria una documentazione che confermi il consumo di alcolici da parte della madre. Alcuni dei questionari che possono essere utilizzati per ottenere informazioni utili sono:
• TWEAK;
• T-ACE ;
• CAGE ;
• AUDIT ed AUDIT-C;
• Parents, Partners, Past, Pregnancy the 4Ps Plus.
Il questionario AUDIT è stato realizzato a partire da un progetto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1993 (pubblicato da rivista “Addiction”), è composto da 10 quesiti, può essere utilizzato come uno strumento utile per lo screening per poter valutare non solo il semplice consumo di alcolici ma anche le abitudini della persona e problemi correlati al consumo di alcol (alcohol-related). Esiste anche una forma ridotta composta da 3 item che viene utilizzata più frequentemente, viene distinta dalla forma estesa con il nominativo di AUDIT-C, può essere maggiormente attendibile perché prevedendo un numero minore di domande non c’è il rischio di incorrere nei memory bias. Ogni domanda ha un set di risposte ed ogni risposta ha uno score che va da 0 a 4, chi intervista l’assistito inserisce nel box di riferimento della domanda il punteggio associato. Usare gli AUDIT come strumento per la prevenzione secondaria è solo il primo passo per ridurre i problemi e rischi alcol correlati. Una volta che viene individuato un soggetto che risulta alcolista si devono identificare i migliori interventi per quelli che sono i bisogni del singolo assistito. Gli infermieri sono responsabili nel fornire cure che siano rispettose, eque, sensibili e prive di pregiudizi e giudizi. E’ oltretutto doveroso favorire il crearsi di un ambiente e quindi una relazione che si basi sulla trasparenza, grazie all’utilizzo di metodi comunicativi che facciano sentire gli assistiti in un luogo sicuro in cui possono trovare risposta alle loro domande.
Oltre alla somministrazione di questi questionari, la ricerca dei biomarcatori è un altro metodo di ricerca con cui si possono ottenere informazioni riguardo un’eventuale esposizione prenatale all’alcol. Questa ricerca può essere associata alla dichiarazione spontanea da parte della madre in attesa o anche singolarmente. Attraverso la rilevazione dei biomarcatori è possibile ottenere dati che siano oggettivi sul consumo durante quasi tutto il periodo gestazionale e sull’esposizione, dando così l’opportunità di pianificare interventi di prevenzione, trattamento e follow-up, sia clinico che neurologico, dei neonati esposti.
I biomarcatori si dividono in diretti ed indiretti:
• Diretti: Fatty Acid Ethyl Esters (FAEEs), Etilglucuronide (EtG), Etilsolfato (EtS),Fosfatidil- etanolo (PEth). I biomarcatori diretti sono prodotti del metabolismo dell’etanolo, sono quelli più utilizzati a livello clinico per la rilevazione dell’esposizione al cancerogeno;
• Indiretti: Gamma glutamil transferasi(GGT), alanina amino-transferasi (ALT), aspartato amino-transferasi (AST), transferrina carboidrato carente (CDT), volume corpuscolare medio degli eritrociti (MCV), metaboliti del metabolismo ossidativo (WBAA). I biomarcatori indiretti sono il risultato dell’effetto tossico che ha l’alcol nei confronti dei vari organi interni, sono meno specifici perché si possono formare indipendentemente dal consumo di alcolici, i loro livelli possono essere influenzati da stati fisiologici e patologici per questo sono meno usati a livello clinico.
Un’altra classificazione si basa sull’origine dei biomarcatori che possono essere di:
• Origine materna: esistono 4 biomarcatori rilevabili (WBAA, MCV, CDT, GGT), nel caso in cui i valori fossero alterati per due di questi ci troviamo di fronte ad un fattore predittivo per la nascita di un bambino con un possibile ritardo della crescita. Alcuni di questi biomarcatori, come il CDT e il GGT, possono subire delle variazioni nei valori anche a causa di altri fattori come l’età, fumo e da alcune patologie;
• Origine neonatale: quando l’alcol attraversa la placenta il feto attua un processo di trans-esterificazione tra l’alcol etilico e gli acidi grassi fetali, dal quale si ottengono come prodotti finali gli esteri etilici degli acidi grassi, i FAEEs che solitamente si accumulano nel meconio (un campione di meconio viene prelevato tra il primo ed il secondo giorno di vita del neonato). La rilevazione della presenza dei FAEEs oltre il valore cut-off (0.5 pg /mg) è un indice di esposizione all’agente teratogeno, il valore soglia rende l’indagine sensibile e specifica. Un altro biomarcatore di questa origine è l’etilglucuronide, derivante dalla coniugazione dell’etanolo con l’acido glucuronico, può essere rilevabile in vari fluidi biologici e tessuti tra cui meconio e capelli.
Tutte le patologie della FASD, come già detto, sono prevenibili al 100% attraverso l’astensione dal consumo di alcolici durante la gestazione in quanto non esiste un consumo che possa essere considerato come “sicuro”, anzi nel caso di alcolisti cronici si può incorrere in una diagnosi di FASD nel neonato anche se non è stato consumato alcol durante la gravidanza. Le informazioni di questo tipo sono di facile comprensione, ma in realtà a causa del ruolo che ricopre l’alcol nella società di oggi una maggior educazione potrebbe non bastare per prevenire le patologie dello Spettro. Gli interventi di prevenzione per gli effetti dell’EPA dovrebbero svilupparsi secondo dei livelli multisettoriali e multidisciplinari, dando vita ad un lavoro che si basa sulla sinergia che va dalla sensibilizzazione della comunità fino al supporto post partum , sia per le madri che per i bambini esposti. In questi interventi gli infermieri ricoprono un ruolo fondamentale perché, entrando in contatto anche con i più giovani, hanno la possibilità di sfruttare qualsiasi momento per promuovere stili di vita sani come previsto dal Codice Deontologico della professione; rispettando perciò l’impegno nella promozione alla salute previsto dal Codice.
La capacità di prendere decisioni migliori per quanto riguarda lo stato di salute individuale viene definita “empowerment” e rispecchia l’obiettivo degli interventi di promozione alla salute e prevenzione, una delle strategie per raggiungere l’obiettivo è quindi la health literacy, ovvero l’insieme delle abilità cognitive e sociali necessarie per fare in modo che le informazioni possano essere accessibili, comprese ed utilizzate. Negli anni sono state organizzate numerose campagne, tra cui la Too Young To drink nel 2016 (gruppo Fabrica) che si basava sull’utilizzo di immagini d’impatto che raffiguravano dei feti immersi in alcune bottiglie, immersi in un liquido alcolico (visual) accompagnate da un video di sensibilizzazione. L’obiettivo di questa campagna è stato quello di diffondere informazioni, aumentare la consapevolezza tra le donne in età fertile per arrivare all’emancipazione al fine di prendere decisioni personali, incoraggiando a supportare l’astensione dal consumo di alcolici in gravidanza (alcohol-free pregnancies).
In conclusione la programmazione degli interventi di prevenzione rivolti alla comunità sono fondamentali per ridurre i dati di prevalenza della FASD, tutto questo sarebbe possibile se la formazione infermieristica prevedesse una maggior conoscenza dello Spettro.
L’infermiere del Servizio per le Dipendenze (SERD) ha un ruolo fondamentale nella gestione di utenti con problemi di dipendenze, garantendo un supporto sia da un punto di vista professionale che umano e continuerà a svolgerlo anche durante una possibile gravidanza di una degli assistiti che si rivolge al servizio. L’infermiere del SERD continuerà infatti a promuovere uno stile di vita che non sia nocivo nei confronti dell’utente, ma anche del nascituro, segnalando lo stato interessante dell’assistita e realizzando una pianificazione assistenziale basata sui bisogni del singolo e della sua famiglia, garantendo un approccio olistico e multidisciplinare in quanto a conoscenza degli altri servizi che la comunità può offrire nei loro confronti.
Gli obiettivi dell’infermiere del servizio per le dipendenze sono: la prevenzione attraverso l’informazione e l’individuazione precoce di soggetti a rischio, il benessere sia fisico che del neurosviluppo dell’assistito ed infine l’aiuto della famiglia con l’organizzazione e la gestione della patologia. Tutti questi obiettivi possono essere raggiunti se si crea una relazione di fiducia tra l’infermiere e gli utenti. L’infermiere del SERD ricopre un ruolo in cui alcune informazioni possono essere maggiormente accessibili, come ad esempio le informazioni sullo stile di vita dei genitori, elemento fondamentale per una diagnosi precoce di FASD.
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